giovedì 21 febbraio 2008

BEHEMOT non ti insulto, ma una tirata di orecchi..
MERLIN
La tua situazione é simile a quella di molti altri. In realtá tu non ami, la tua é ossessione, passionalitá. Noi esseri umani non dobbiamo dipendere da altri per essere felici o no. La felicitá é una conquista interiore. L´amore lascia libertá, quello vero . Se la ami desidera per lei tutto il bene possibile e accetta la sua scelta, tanto piú che ammetti di aver "peccato" (non so cosa sia successo).Quel che ti manca é auto stima, amore ed equilibrio interiore cose non facili da (ri) ottenere. E se la ami come dici non sventolare giá bandiera bianca, ma ricostruisci queste qualitá e poi vedi se lei troverá in te quel qualcosa che non aveva visto prima, le vie dell´amore tra due anime a volte prende tracciati ben misteriosi e contorti.Abbi fede! Altra cosa, il nostro ateismo e materialismo di fronte a certe situazioni cade disarmato, quindi ti consiglio di trovare un cammino spirituale, una religione per legarti a Dio, al Cosmo, alla Luce , come vuoi chiamarlo ma fai crescere la tua fede quella che smuove le montagne come disse il Maestro dei maestri Gesú di Nazaret. Buona fortuna, sono con te.

lunedì 18 febbraio 2008

ah rieccoce

E insomma son ritornato punto e a capo!
pensavo di aver dimenticato, rimosso, odiato, insultato abbastanza per dimenticare.
in realtà la speranza inutile, dannosa, lesiva continuava a pulsare nel cuore, ed ho fatto finta di non badarci, di non sentirla, anche quando sapevo che ieri sera vedendoti ci sarei caduto come una pera più strafatta che matura...
che mi hai fatto di così profondo?
non riesco proprio a capirlo.
perchè non te ne vai? già lo so, il perchè.
perchè non ti voglio lasciar andare dal mio cuore e dalla mia mente.
perchè non ti voglio lasciar andare?
perchè voglio te.
prima ti dimentico, meglio è.
ma non ci riesco, e non voglio.
voglio solo te.
porca puttana.
non sei nulla di speciale, sei una bella donna.

ma sei il mio paesaggio futuro.
sei una forza, un calore, una luce.
sei anche un veleno, ma lo bevo volentieri.
non resisto, non ce la faccio.
ti amo.

PAOLA TI AMO

Puoi stare con chiunque, e si vede che non mi vuoi più.
mi libererò di te prima o poi, ma io ti amo.


L'innamoramento vero e le infatuazioni di un giorno
di Francesco Alberoni
Quando ho incominciato a studiare l'innamoramento, la gente faceva una grande confusione fra innamoramento, cotte, infatuazioni e attrazioni momentanee. Alcuni dicevano: «Io mi innamoro in continuazione». Oppure: «Le amo tutt'e due». In questo guazzabuglio, ho scartato le forme di pseudo- innamoramento e descritto quello vero, l'unico che tende a diventare amore duraturo. Nell'innamoramento c'è una prima fase in cui i due innamorati vivono una straordinaria esperienza di trasfigurazione del mondo e della persona amata. E' lo stato nascente. Molti però pensano che si tratti solo di una violenta tempesta emotiva e ritengono che la costruzione della coppia stabile avvenga dopo, a opera della ragione e della volontà. No. E' proprio all'inizio che avviene il processo di fusione delle personalità e vengono prese le decisioni fondamentali da cui nasce l'amore che dura. La passione dell' innamoramento, infatti, non è solo un uragano di sentimenti: è anche una intensissima attività intellettuale in cui i due innamorati si studiano, rimettono in discussione le proprie vite, scoprono le loro tendenze più profonde, fanno progetti e gettano le basi del loro rapporto futuro. Ciascuno di loro vuol saper tutto del suo amato, vuol vedere il mondo come lui lo ha visto da adolescente, da giovane, vuol partecipare delle sue gioie e dei suoi dolori. E, nello stesso tempo, vuol raccontargli tutto di se stesso, della sua vita, dirgli le sue speranze, le sue delusioni, i suoi sogni. Molti ascoltano così avidamente la storia di vita del loro amato, vi partecipano così intensamente da avere l'impressione di essere sempre stati accanto a lui, di averlo osservato (non visti) con ansia, con commozione, perché lo amavano già allora. L'amore dell'innamoramento abbraccia tutto: il presente, il passato e il futuro. Mescola il tempo e lo spazio per cui abbiamo l'impressione di aver amato il nostro diletto anche quando non ci conosceva ancora, anche quando magari stava con qualcuno. E ci sembra di essere stati fatti apposta l'uno per l'altro, di essere stati predisposti a innamorarci, di esserci sempre inconsciamente aspettati. Molti innamorati arrivano a chiedere: «Perché non ti ho incontrato prima, amore? Perché sei arrivato così tardi?».
E' grazie a questa corrispondenza, a quest'intreccio temporale che l'amore diventa duraturo, perché nessuno può pensare a se stesso senza l'altro, né oggi né ieri né domani. Per tutta la vita.

martedì 8 gennaio 2008

beh, siam tornati al lavoro "finalmente"
e sento, cosa più importante, che sto uscendo dalla buca dell'innamoramento nella quale ero finito
il tempo lenisce, e mi sta aiutando molto il fatto che ero solo io a crederci, a provare un certo sentimento, e che non c'è proprio nulla da fare.
è un palliativo si, il lavoro dentro di me lo sto facendo parallelamente, è necessario ma non sono Dio e nemmeno perfetto e intangibile, quindi mi ci vuol tempo ed il fatto che la mia ex lei mi abbia mandato a "spanare" mi da un contributo concreto a dimenticare meglio, o a seppellire più agevolmente quantomeno.

giovedì 27 dicembre 2007

beh, ragazzi, anche sto natale è andato.
momento classico nonchè banale di riflessione, tirar somme (ancor prima dell'anno nuovo), delusioni, gioia, vuoto, passioni, illusioni.

cioò che ci attrae è ciò che maggiormente ci respinge, ma quel che ci segna è ciò che ci accoglie.
e se un'esperienza prima ti accoglie e poi ti respinge?
può segnare veramente in profondità le persone, perchè si tratta di una doppia frattura per il cuore, l'anima, il cervello.
come ne esci?

ho appena trascorso anzi, sto trascorrendo, un periodo del genere.
mi sono innamorato ma non ci ho creduto fin dall'inizio, ho fatto il cretino, ho "confessato", ho espiato ma tutto è andato per il verso sbagliato.
Questa storia (ah, donne! quanto vi adoro) ha tirato fuori lati di me che non pensavo di avere, o almeno così accentuati.
all'inizio penso che avessi "bisogno" di innamorarmi, ed ho sparato alto, inconsapevole che poi la caduta fa malissimo, se raggiungi vette inarrivate fin prima: non ci sei abituato, ed i lividi cretai in precedenza non sono lontanamente paragonabili.
poi ho mi sono quasi ossessionato, sono caduto in una buca profondissima, un pozzo fatto di respinte, offese, insulti molto grtuiti ma nulla è valso a distogliermi dall'obiettivo...
ora, dopo un fuoco di paglia che ai miei occhi sembrava un vero ritorno di fiamma (anzi, un vero inizio!), è finita di nuovo.
adesso finalmente mi sento più lucido, meno incorporeo e surreale nei miei ragionamenti, ma il sentimento, il magone, che pur non mi rendono più "febbricitante" come due mesi fa, son sempre lì, verso quella mente ed quel cuore che mi hanno cassato senza appello, come una nave verso l'iceberg.
ed abbiamo un bel sperare che le persone cambino come per magia, che i vissuti altrui non influiscano nei nostri desideri, nelle nostre aspirazioni, che non interrompano un destino che sai possibile, bello, anzi certo.
chi è causa del suo mal pianga se stesso?
certo.
tuttavia ho sempre pensato, pur essendo masculo, che se c'è Amore questo vada ascoltato e non soffocato: così come per il cuore.
E che partendo da questo si possa risolvere tutto, con ottimismo, passione, fiducia e capacità di costruire.
Invece mi sbagliavo, perchè il cuore non può nulla di fronte al fatto che di due ne batte uno solo, per quanto forte.
E di fronte al fatto che per certe cose è troppo tardi, quando la frittata , per quanto piccola, è stata fatta.
Poi, a voi ragazzuole che volete un uomo serio con le spalle larghe, gli attributi e la volontà di costruire, quando ce l'avete in mano lo respingete?
Mah.
Piccolo sfogo post natalizio...e pre anno bisestile...

martedì 18 dicembre 2007

Chinese democracy

Chi invoca il Dalai Lama, chi si esercita nello stile della provocazione, chi mostra la propia erudizione, chi cerca di coprire i propri nervi scoperti provocando e via così.
Ma, signore e signori allo specchio, sarete pur tutti soddisfatti, immuni, sicuri e sulla strada della realizzazione interiore? Permettete che ne possa dubitare.
Non sono capace di far filosofia, né dare soluzioni; mi sono permesso di provocare con la speranza di creare dibattito. E non sono rimasto deluso. A partire dalla prima risposta, quella del saggio ed acuto Gramellini, c’è stata solo una conferma delle mie congetture, per quanto personali possano essere.
C’è bisogno di fisicità, nella mente, nel corpo, nell’anima. Non ho mai detto o nominato morte, anni di piombo, periodi plumbei che non ho vissuto e che quindi non posso paragonare, giudicare, interpretare con un po’ di sensatezza.
Sono solamente una persona che cerca di osservare frammenti di quotidiano, e non ho la pretesa che queste osservazioni siano legge universale. Ma il mio istinto, che è nostro, e che in molti continuiamo ad insabbiare giorno dopo giorno, la bestia che ognuno di noi si porta dentro, mi dice che non devo essermi allontanato troppo dal descrivere sensazioni che siamo in tanti a provare.
Pur avendo una buona vita professionale, una soddisfacente vita affettiva (con alti e bassi), una famiglia normale, interessi in diversi campi, amici (veri, chiaramente pochi): non basta. Le energie positive che giustamente Gramellini ha consigliato di convogliare dentro di noi, l’orgoglio che va di pari passo con la coscienza di sé, l’applicazione del distacco. Sono condivisibili ricette per…l’orizzonte.
Non lo raggiungi mai, l’orizzonte. Bello, fantastico, infinito ma inarrivabile, intangibile. Come la pace nel mondo, come la fine delle carestie e della malnutrizione, come la democrazia cinese. Tempo assolutamente, cinicamente, perso.
Ci ho sempre creduto pure io, a determinati ideali di autorealizzazione. Ma se il realizzarsi come embrione, cervello, anima, cuore palpitante amore, carne, emozione, pulsione vitale, primitiva e poi civilizzata non passasse dall’intorpidimento? Da troppi diritti dei quali non sappiamo che fare? Da troppi diritti che ci hanno fatto (anzi, che mi hanno fatto) dimenticare il primo dovere: vivere? La vita è qui, ora. E io, noi, siamo qui, ora. Vivere secondo un canone morale al quale non transigere si: non vivere, no. Questa è la rivoluzione di cui parlo. Vivere. Non traghettarsi stancamente sul fiume, già imbevuti prima di affondare, di diritti ad accompagnare i bimbi a scuola in auto, alle vacanze, a far soldi, a sc..re come scimmie sempre e comunque (dimenticando promesse, amore, rispetto), a non sc..re come scimmie (perché amorale, sbagliato), a fare insomma quel che vogliamo senza capire che voglia non è desiderio, e desiderio non è tutto?
E’ la democrazia della vita: tutti devono vivere secondo un tenore accettabile. Tutti hanno diritti, qualche dovere, però tutti medi, silenziosi, ordinati. Andrebbe anche bene, se parlassimo solo di bollette, carcere preventivo o prezzo del latte: ma questa idea di aurea mediocrità lentamente ce la siamo portata dentro. Carsicamente ci erode.
E guardiamo l’orizzonte, sperando di perfezionare ad ogni tornata elettoral-esistenziale il nostro sistema di governo interiore, eleggendo ogni stagione nuovi valori che, dopo adeguata campagna elettorale, ci promettono di darci nuovi obiettivi, nuova speranza, guarire le ferite. Ma sono valori quieti, mediocri: e non cureranno, prometteranno l’orizzonte, ma ce ne terranno ad adeguata, anestetizzata, distanza.
Io sarò strano, antiestetico nelle idee, demagogico in alcuni pensieri, contraddittorio (il fatto stesso che ne parli con qualcuno che non conosco mi piega all’idea utopisticamente globale del “tutti in comunicazione ecumenica con tutti”); e non ho ricette, soluzioni, illuminazioni. nemmeno per me, of course. E non faccio paragoni con altre epoche, non ne sono in grado e non è corretto. Ma ci stiamo stancamente e paradossalmente incamminando verso una lenta consunzione della Vita, pur tentando di perseguire più vita. Ed io non ci sto.
Vado a farmi una birra, vah! J

lunedì 17 dicembre 2007

Com'è assurdo uccidere per sentirsi più vivi
MELCHISEDEC
Secondo me c’è troppa poca violenza in giro. Paradossalmente, la violenza percepita sembra in costante aumento. In realtà, a parte i colpi di matto delle persone cosiddette «normali», chi sembra «legittimato» a usare violenza? Solo alcuni soggetti: rom, rumeni, algerini, disagiati economicamente, ex detenuti in libertà, ecc... I «normali», i medi, proprio perché considerati tali, non se lo possono permettere. Tutti abbiamo una carica di tensione repressa. Come la sfoghiamo? Con gli hobby? Con lo stadio? Evidente che non basta. Non ci si può più scazzottare in santa pace che subito sei il violento, non si può fare qualche stupido scherzo a scuola perché sei autore di atti di bullismo (che sono sempre esistiti), non si può fare le corna in auto perché si lede qualche diritto, fumare è sbagliato (non sono un fumatore ma nemmeno li considero degli appestati), solo mercificare il proprio corpo sembra autorizzato. Vai allo stadio e non si può più usare una bandiera (?), né una sciarpa previa autorizzazione del questore. I ragazzi, nei bagni, si vergognano (!) di fare la pipì nelle «turche» e aspettano in colonna il loro turno nel bagnetto chiuso agli occhi altrui (manca solo che vadano dentro in coppia per tenersi la borsetta), però riempiono i night club a toccare poppe e cosce alla modica cifra di 50 euro per una ragazza che considerano un bel maglione da valutare ed eventualmente comprare. Mah. La gente manca di sangue. Non s’incazza, non litiga, non reagisce, non protesta, non ama con ardore, non vive se non tramite canali prestabiliti che ingabbiano. Se vuoi protestare per qualche ingiustizia, ci sono le vie prestabilite da altri. Con le quali non risolvi nulla perché decise per convogliare la protesta, appositamente. Si beve troppo, si legge poco. Sapete che ci vuole? Una bella rivoluzione. Che spazzi via, pulisca, innervi pulsioni vitali e vere nelle persone. Ci siamo avvitati. Le conquiste tecnologiche, la salute più tutelata, i cibi sicuri, ecc... tutto bene. Però non vi sembra manchi qualcosa, oltre alle rotelle del mio cervello? Pensiamo di essere protagonisti e invece siamo zoo. Idem per i sentimenti: prigionieri di ciò che vorremmo, perdonanti, lassisti, concilianti eppure incapaci di vivere passioni vere, di darci totalmente quando sentiamo che vale la pena, perché non è bello esporsi, non fa duro, non fa... Insomma, Uomini, dove siamo? Non parliamo poi delle donne.Risposta
Invece parliamone, un’altra volta. La tua analisi è perfetta, le deduzioni azzardate. Per secoli il sangue ha risolto i conflitti e selezionato le classi dirigenti. Da sessant’anni la vecchia saggia Europa ha cambiato registro ed è diventata più pacifica e moscia. Ti sembra un buon motivo per rinverdire i furori e gli orrori del passato? Tornare a morire per sentirsi vivi? Le rivoluzioni di massa non servono più. Sostituiscono una casta di potere con un’altra, lasciando il popolo in brache di tela come sempre. Gli ultimi a crederci sono stati i sessantottini, cioè la prima generazione di ventenni che non essendo stata decimata da qualche guerra si è messa alla ricerca di un sogno dentro cui scaricare i propri giovanili bollori. Riproporlo oggi sarebbe un passo indietro. Una rivoluzione serve ancora, più che mai, ma è un processo che può avvenire soltanto dentro ciascuno di noi. È questo il sogno nuovo. Come mai le persone che ti circondano sono tanto arrabbiate e nel contempo represse? Perché sono spaesate. Non si riconoscono più davanti allo specchio. Intorno lo scenario cambia, le certezze scompaiono, tutto diventa precario e la paura la fa da padrona, ingabbiando le potenzialità umane, che sono immense. Anche il buonismo, e tu lo hai giustamente rilevato, è una forma sottile di paura travestita da tolleranza. Abbiamo messo il freno a mano alla vita perché non sappiamo più verso quali mete condurla. E non lo sappiamo più perché abbiamo smarrito la nostra identità. Siamo pieni di rabbia da quando è scomparso l’orgoglio. Oriana Fallaci tentò di mettere insieme le due cose, ma non si può. L’orgoglio è nemico della rabbia. L’orgoglio è autostima, è conoscenza e amore di sé e della propria comunità, dei suoi valori, del suo futuro. Solo se hai un carattere delineato e radici forti, sei poi in grado di interagire senza isteria con la novità rappresentata dagli altri. È sempre l’insicurezza che genera la rabbia. Non illuderti che un mondo che ti consentisse di prendere a schiaffi gli arroganti sarebbe un mondo più sano. Sarebbe solo più estenuante. Nell’era dell’Acquario le emozioni vanno liberate in altro modo: aumentando il distacco. L’autocontrollo serve. Non a intontirti in un’esistenza-semolino, dove i sensi sono intorpiditi e i pensieri volano bassi. E neppure a incastrarti dentro codici sociali ispirati dalla retorica. Serve a produrre energie positive. Dirottandole nell’unico posto in cui servono: all’interno di te. Perché tutto quel che ti manca per sentirti vivo si trova lì.